C’era una volta un ragazzino che insieme a suo padre passeggiava tra le montagne in una bella giornata di sole.
Improvvisamente il ragazzino inciampò, cadde e, essendosi fatto male, cacciò un urlo: “Ahi!”
Con suo gran stupore il giovane sentì una voce provenire dalle montagne e che ripeteva: “Ahi!”
Con curiosità chiese ad alta voce: “Chi sei tu?” E ricevette la risposta: “Chi sei tu?”
Di nuovo il ragazzino urlò: “Io ti sento! Chi sei?” E la voce rispose: “Io ti sento! Chi sei?”
Irritato da quella risposta il ragazzino di nuovo urlò: “Codardo!” E ricevette in risposta: “Codardo!”
Allora il giovane guardò suo padre e gli chiese: “Papà, che succede?” Il padre sorrise al figlio e rispose: “Figlio mio, ora stai attento…”
E l’uomo gridò: “Tu sei un campione!” La voce rispose: “Tu sei un campione!”
Il figlio era sorpreso ma ancora non capiva. Allora il padre gli spiegò: “La gente chiama questo fenomeno eco, ma in realtà è vita. La vita, come un’eco, spesso ti restituisce quello che tu dici o fai. La vita spesso non è altro che il riflesso delle nostre azioni. Se tu desideri più amore nel mondo, devi dare più amore al mondo. Se vuoi che la gente ti rispetti, inizia a rispettare gli altri per primo. Questo comportamento va applicato ad ogni tua azione ed in ogni aspetto della vita.”
Bastano pochi minuti ogni giorno per rigenerare il corpo e il cervello e “staccarsi” dai problemi e dalle preoccupazioni quotidiane, ritrovando vitalità.
È una pratica antichissima, un tempo era considerata come esperienza religiosa e uno strumento di evoluzione spirituale. Oggi l'abbiamo riscoperta come forma di introspezione che tutti possono praticare. Anche se le forme di meditazione sono moltissime, dalla mindfulness alla meditazione trascendentale, tutte hanno in comune la ricerca di uno stato di concentrazione e consapevolezza mentale, che sono utili per essere presenti nel “qui e ora” ed essere liberi da pensieri ed emozioni che tendono ad affollare la nostra mente.
Bastano pochi minuti ogni giorno per rigenerare il corpo e il cervello e “staccarsi” dai problemi e dalle preoccupazioni quotidiane, ritrovando vitalità.
Tutti possono meditare. Servono regolarità e costanza, ma non specifiche competenze o esperienze pregresse. La meditazione è stata sperimentata in ogni fascia di età:
Ancora oggi molte persone, quando si parla di meditazione, si raffigurano nella mente santoni indiani immobili per ore, o gruppi di persone nella posizione del loto a recitare “om... om... om...” In realtà la meditazione è molto diversa da tutto questo... Quindi ancor prima di approfondire che cos'è la Meditazione e come la si pratica è necessario liberare il campo dai preconcetti.
La pratica meditativa, inserita come sana abitudine anche per soli 12 minuti ogni giorno, permette di maturare in noi abilità sociali e di vita necessarie per affrontare e sopravvivere come specie nel nuovo millennio: empatia, gentilezza, ascolto, silenzio, compassione, chiarezza, espansione... caratteristiche fondamentali per poter riconoscere i meccanismi inconsapevoli che dominano la nostra vita.
Iniziamo dal nostro respiro, fonte di vita e nutrimento. La vita entra in noi a ogni inspirazione e ci nutre...
Iniziamo con l’ascolto, col silenzio, con la presenza.
“Il momento giusto per rilassarsi è quando non hai tempo per farlo.”
Sydney J. Harris
Se vuoi sperimentare la meditazione e verificarne i suoi benefici, chiedi informazioni presso Armonia Studio di Mara Quinto. Saremo lieti di accompagnarti nell’approfondire questa millenaria pratica di ben-Essere.
In quanti non hanno mai provato la spiacevole sensazione data da un attacco d’ansia?
Secondo i dati della Organizzazione Mondiale della Sanità, la maggior parte delle persone ha sperimentato una simile situazione almeno una volta nella propria vita, inoltre il 5% della popolazione mondiale soffrirebbe di ansia persistente, con maggior incidenza tra le donne.
Ma che cos’è? Di cosa si tratta precisamente?
Il termine ansia trova la sua radice nel vocabolo latino “anxus”, ovvero “stretto”: l’ansia è proprio una condizione psico-fisica che induce un senso di costrizione, affanno e angoscia, accompagnati da tensione, irrequietezza e apprensione.
A differenza della paura, l’ansia non è scatenata da un evento in particolare, ma si tratta dell’anticipazione di eventi futuri e delle loro conseguenze.
“L’ansia è un curioso stato di inquietudine perché ci fa cominciare a soffrire nel presente per qualcosa di cui non abbiamo nemmeno la certezza che accadrà in futuro.”
Mario Alonso Puig
La buona notizia è che esistono varie tecniche distensive che possono contrastare i sintomi dell’ansia. In particolare, ricoprono una grande importanza le tecniche che si occupano del corpo per arrivare alla mente, come il rilassamento muscolare progressivo e la respirazione. Quest’ultima proprio perché è naturale, è un’attività della quale, molto spesso, siamo totalmente inconsapevoli.
La bella notizia è che se ne diventiamo consapevoli e se controllata nel modo giusto, può rivelarsi una grande alleata contro gli stati di ansia e stress.
La maggior parte delle persone, e soprattutto quelle che soffrono di stati ansiogeni, utilizza una respirazione toracica. Si tratta di una respirazione superficiale che aumenta la sensazione di agitazione e che oltre tutto ci porta in un circolo vizioso perché incrementa lo stato ansiogeno.
Adottare una respirazione diaframmatica, più profonda e addominale, praticata anche per pochi minuti, favorisce uno stato di rilassamento corporeo e placa l’agitazione mentale.
Imparare e allenarsi a diventare consapevoli della propria respirazione è di fondamentale importanza per riuscire a calmare l’agitazione mentale e l’ansia.
Anche se la respirazione addominale può sembrare un atto naturale e spontaneo - e di fatto lo è - molto spesso, però, è necessario farsi aiutare per reimparare a respirare correttamente, soprattutto sotto la guida di una persona esperta.
Lo Studio Armonia si occupa da anni di tecniche di rilassamento corporeo e mentale il cui perno sono le tecniche di respirazione.
Essere padroni del proprio respiro vuol dire migliorare non solo la qualità della propria salute e quindi il nostro benessere ma anche migliorare la relazione con le persone che vivono intorno a noi.
“Quando inspiri, torni a te stesso. Quando espiri rilasci ogni tensione.”
Tich Nhat Hanh
Secondo gli studi di psicologia, una postura cadente è da lungo tempo associata a pensieri negativi e a sentimenti di sconfitta, mentre una postura eretta e distesa produce un atteggiamento mentale più positivo. Gli esperimenti dimostrano anche che tenere il corpo dritto durante un evento stressante aiuta le persone a essere meno colpite e a recuperare più velocemente.
Il problema è che, fino a poco tempo fa, non si conosceva un meccanismo che associasse in maniera convincente l’atto di tenere il corpo eretto a uno stato mentale positivo e fiducioso. Una nuova e interessante ricerca suggerisce una possibile risposta. Peter Strick dell’università di Pittsburgh, in Pennsylvania, ha trovato una potenziale spiegazione mentre tracciava i percorsi neurali che collegano il cervello e le ghiandole surrenali, che si trovano nella parte superiore dei reni e sono responsabili della scarica di adrenalina causata dallo stress acuto. Strick e i suoi colleghi hanno scoperto che la parte interna di queste ghiandole, chiamata midollare del surrene, è collegata alle regioni della corteccia cerebrale che controllano i movimenti volontari. Questo percorso neurale, a sua volta, si collega ai muscoli del tronco che stabilizzano il torso e sostengono la postura.
Anche se è troppo presto per sapere con certezza quali informazioni passino lungo questi percorsi, Strick pensa che il collegamento potrebbe spiegare gli effetti antistress degli esercizi che si concentrano sul tronco, come quelli di yoga, tai chi e pilates.
Da anni lo Studio Armonia si occupa di pratiche di movimento che implicano un rafforzamento del tronco. E quindi è certo che a un certo punto entri in gioco un processo di questo genere.
Caroline William, New Scientist, Regno Unito
(Traduzione di Federico Ferrone)
La gentilezza risulta essere una strategia evolutiva utile alla sopravvivenza dell'intero essere umano.
La gentilezza va ben oltre il significato comune di buona educazione. È un valore sociale di fondamentale importanza. Appartenere alla gente è un processo inclusivo i cui elementi caratteristici sono: cortesia, amorevolezza, spirito di servizio. La gentilezza, come principio sociale indispensabile e imprescindibile, dovrebbe essere alla base di qualunque rapporto tra esseri umani, perchè possano relazionarsi nella maniera più utile, fraterna ed elevata possibile.
La consapevolezza che la gentilezza svolga un ruolo nel migliorare la salute è diffusa già da molti anni nel mondo scientifico, ma solo in tempi recenti si è cominciato a impiegare questa risorsa attivamente, con risultati molto significativi e incoraggianti. Si è visto che la gentilezza è un potente strumento in grado di disinnescare le emozioni negative associate alle diagnosi di cancro, nel campo delle malattie cardio-vascolari, contribuendo in alcuni casi a migliorare la risposta ai trattamenti.
Nel 2018 l'Università di Oxford ha osservato un campione di 683 individui per indagare l'effetto della gentilezza sui livelli complessivi di felicità. I soggetti hanno praticato la gentilezza tutti i giorni per una settimana, al termine della quale i loro livelli di felicità sono risultati decisamente aumentati. Si è visto, anche, che gesti di gentilezza compiuti verso persone amiche o estranee provocano gli stessi effetti di felicità.
Nel 1784 B. F. ricevette una lettera da un vecchio amico, B. Webb, con la richiesta di un aiuto economico. Essendo di mezzi limitati, Franklin era riluttante ad acconsentire, ma alla fine accettò, a una condizione: il suo amico avrebbe dovuto ripagare il debito non restituendo il denaro a lui, ma donandolo a qualcun altro con necessità simili. Franklin pensò che così il suo investimento avrebbe non solo aiutato una persona, ma sempre più persone, in una catena senza fine di buone azioni. Così, insieme al corrispettivo di dieci monete d'oro, scrisse al suo amico questa lettera:
Ti invio con la presente un assegno per 10 Louis d'or (monete d'oro francesi). Non pretendo di regalarti una somma simile; te la do in prestito. Quando tornerai nel tuo paese con un buon ruolo, non puoi non entrare in qualche attività, cosa che ti consentirà con il tempo di pagare tutti i tuoi debiti. In quel caso, quando incontrerai un altro uomo onesto in analoga situazione, così tu potrai ripagare me, prestando a lui questa somma; chiedendogli di liquidare il debito con un'operazione analoga quando sarà in grado, e incontrerà un'opportunità simile. Spero che in questo modo possa diffondersi di mano in mano sempre di più, prima che incontri un ostacolo a fermarla. Questo è il mio trucco per fare del bene con un pò di soldi.
Benjamin Franklin non poteva immaginare che nessun ostacolo avrebbe potuto fermare l'ondata generata da questo piccolo atto di gentilezza, da cui sarebbe nato un intero movimento, oggi meglio noto come "Pay it Forward" o "Passa il favore".
Il concetto di Pay it Forward coniato da B. F. ha origini molto antiche, alcuni credono che risalga addirittura al drammaturgo greco Menandro, 300 a. C. Giunto ai nostri tempi, si è espanso radicandosi nella cultura odierna, divenendo prima un libro poi un film e originando una cascata mondiale di gentilezza senza fine. Il 28 aprile di ogni anno ricorre l'International Pay It Forward, che nel 2019 ha visto unirsi persone provenienti da 86 Paesi diversi in centinaia di milioni di piccoli atti di gentilezza.
Come funziona? E' semplice: basta compiere un piccolo atto di gentilezza senza aspettarti nulla in cambio. Se lo ricevi, lo fai a tua volta per qualcun altro e mantieni vivo l'effetto a catena.
Tutto ciò che facciamo in modo disinteressato, senza un tornaconto e col solo obiettivo di far stare bene qualcun altro è gentilezza
Approfondimento tratto dal libro “Biologia della Gentilezza” di Immaculata De Vito e Daniel Lumera
La considerazione che ognuno ha di sé stesso si crea a partire dalla prima infanzia e si
modifica costantemente nel corso della vita, anche in relazione al rapporto con gli
altri. Il giusto grado di autostima rispecchia una persona equilibrata con una visione "sana" di sé che si riflette anche sulla postura.
L’autostima è modellata da fattori interni (idee, credenze, comportamenti…) e
fattori esterni (messaggi trasmessi verbalmente o no, esperienze vissute…). Possiamo definire l’autostima pienamente realizzata, il sentire di essere adeguati alla vita, avere fiducia nelle nostre capacità di superare le sfide fondamentali della vita.
L’evoluzione dell’autostima, matura e si consolida durante l’infanzia. Il bambino deve aver provato sicurezza di essere “stato tenuto” con cura dalle persone che si sono prese cura di lei/lui..
È molto importante essere “tenuti bene” fin da neonati per poter sviluppare
quell’adeguata innervazione muscolare che poi determinerà la postura e anche le
capacità di sviluppare meccanismi di adattamento e di gestione delle emozioni.
L’origine dell’autostima si collega al movimento e alla postura: il movimento del bambino è accompagnato dal riconoscimento e apprezzamento. Se il bambino riceve
risposte negative e viene maltrattato, sviluppa una memoria corporea del tipo
“attacco o fuga”. Successivamente attiva questa postura in tutti i momenti in cui è
esposto, anche nella vita adulta, a stati di tensione emotiva eccessiva. Questo può
portare, in alcuni casi, a sviluppare malattie psicosomatiche dell’apparato muscoloscheletrico, come dolori cronici alla schiena, alle spalle o in altre parti del corpo.
Per ottenere una maggiore autostima è importante assumere le posture giuste, quelle che aiutano a eliminare le tensioni fisiche ed emotive, che squilibrano
l’atteggiamento corporeo. Lo Yoga Posturale viene in nostro aiuto e ci suggerisce i movimenti giusti per eliminare le rigidità e i blocchi.
È bene sottolineare che non c’è una postura ideale per tutti i corpi. Ogni persona nasce con un corpo unico e matura un ambiente unico; per ogni individuo ci sarà quindi un suo posizionarsi unico, che permetterà il massimo dell’equilibrio posturale e dell’espressione corporea.
La posizione che diamo al nostro corpo è la manifestazione della nostra personalità, del nostro modo di "stare" al mondo, di relazionarci con gli altri e con l'ambiente. La postura influenza il nostro aspetto, ma anche le nostre emozioni: se la cambiamo si modificano lo stato d'animo e l'umore. Ci sono tante posture diverse quanti sono gli esseri umani. Ognuno di noi occupa lo spazio diversamente, sia perché ha differenti caratteristiche fisiche, come altezza, peso, masse muscolari, parti scheletriche, sia perché vive e agisce in modo assolutamente personale: c’è chi affronta il mondo come se dovesse sfidarlo in ogni momento e chi procede nella vita sentendosi oppresso e schiacciato da pesi eccessivi; c’è chi aggredisce, chi difende, chi è curioso, chi annoiato, chi arrabbiato…
La nostra postura è il nostro biglietto da visita. Il portamento che assumiamo nella vita di tutti i giorni e l’immagine che abbiamo di noi stessi sono in continuo divenire, si modificano in base alle nostre esperienze sociali e anche in base all’opinione che ci facciamo di noi stessi. Il nostro portamento dice al mondo non solo se abbiamo dei malesseri o dei disturbi fisici, ma anche quanta fiducia abbiamo in noi stessi, e qual è il nostro umore. Se modifichiamo e miglioriamo il nostro atteggiamento corporeo, ecco che possiamo correggere tensioni e squilibri non solo fisici ma anche mentali, migliorando lo stato d’animo e la fiducia in noi stessi. Ma correggere la propria postura non significa “stare dritti” rigidamente, perché in questo modo si incoraggiano proprio tensioni e contrazioni. Al contrario, l’allineamento posturale è qualcosa di dinamico nei confronti degli stimoli esterni ed interni.
La capacità di percepire il proprio corpo o una parte di esso in movimento, varia da individuo a individuo. Per lo più l’atteggiamento abituale del corpo (postura) è inconscio e spesso vi sono errori di percezione di quest’ultimo, che risultano legati a una scarsa attenzione corporea oppure alla repressione inconscia delle sensazioni provenienti da alcune sue parti. Tutti abbiamo in comune la stessa struttura fisica, ma i modi in cui ciascuno la “abita” sono diversi. In seguito a posture e atteggiamenti corporei scorretti, così come a causa di emozioni non espresse che rimangono “imprigionate” in noi, avviene che fasce muscolari e le strutture che costituiscono la postura diventano compresse, rigide, impedendo la fluidità dei movimenti e anche delle emozioni. Tutto quello che succede nel corpo, influenza la nostra mente e tutto quello che viviamo nella mente influenza il nostro corpo e quindi anche la nostra postura.
Dopo aver accertato anche scientificamente che ridere aiuta a guarire dalle malattie e fa bene alla salute, le ricerche più recenti stanno cercando di capire quali aspetti della risata contribuiscono al nostro benessere psicologico.
Questo porta ad avere maggior flessibilità mentale e ad affrontare in maniera diversa lo stress, i disagi e i contrattempi. La risata porta ad avere una visione comica delle situazioni, ad acquisire un nuovo punto di vista sulle circostanze in cui ci si trova, stimolando una capacità di autoironia che permette di distaccarsi dal problema.
Una giusta distanza dagli eventi permette di ridere e sorridere della vita. La risata ci aiuta ad allenare alla flessibilità mentale, ci induce a mettere da parte le velleità di controllo e perfezionismo, e accogliere la vita così come è, e noi stessi così come siamo, con le nostre caratteristiche e le nostre risorse. Alla base del ridere c’è la capacità di fare spazio alla parte più profonda e istintiva di noi stessi, la capacità di accogliere la propria natura.
Questo è un passo che rende la ricerca della felicità un percorso senza sforzo, perché non si tratta di migliorare sè stessi ma di togliere di mezzo le proprie errate convinzioni, e di cogliere ciò che, intorno a noi, ci attrae. Più riusciamo ad accettarci per quello che siamo, con tutti i nostri pregi e i nostri limiti, più siamo felici.
Mette in moto più di 50 muscoli, coinvolgendo tutto l’organismo. Oltre al sistema scheletrico-muscolare, vengono coinvolti anche il sistema nervoso, il sistema respiratorio, il sistema cardio-vascolare, il sistema immunitario e il sistema endocrino.
Secondo i risultati della ricerca, tutti questi sistemi rispondono e sono attivi durante una risata.
Ridere è davvero un allenamento completo per il nostro corpo.
Volendo fare un paragone sportivo, si può dire che il cuore, durante una risata, aumenta le pulsazioni fino a 120 al minuto.
Ciò significa che un minuto di risata equivale a ben 10 minuti di jogging o di vogatore.
Snellisce il girovita
Grazie al coinvolgimento diretto dei muscoli addominali e della pratica respiratoria, ridere aiuta a bruciare i grassi localizzati su fianchi e giro vita..
Durante la risata, diaframma, muscoli intercostali, addominali e respiratori sono impegnati in un vero allenamento aerobico.
In una sessione di yoga della risata della durata di un’ora si bruciano più di 500 calorie.
Per le persone che non hanno molte opportunità di fare esercizio fisico, per problemi fisici o stile di vita, ridere può essere di grande aiuto perché è una vera attività aerobica.
Si può confrontare con un buon allenamento di jogging fatto rimanendo fermi.
Una risata al giorno, infatti, renderebbe il latte addirittura “curativo” per alcune malattie della pelle come l’eczema. Hajime Kimata del Moriguchi Keijinkai di Osaka (Giappone) ha condotto un esperimento su un gruppo di neonati affetti da eczema: alle mamme di alcuni di loro è stato mostrato un film di Charlie Chaplin, alle altre una trasmissione meteo.
Poi tutti i bambini sono stati allattati. In seguito gli scienziati si sono accorti che solo i piccoli allattati da mamme divertite avevano visibilmente diminuito i sintomi dell’irritazione sulla pelle. Mentre sugli altri non c’era stato alcun miglioramento.
Secondo i ricercatori il miracoloso effetto è dovuto all’attività di un ormone, la melatonina, che le mamme di buonumore avrebbero rilasciato in maggiore quantità nel latte e trasmesso al figlio tramite l’allattamento. La serenità della mamma, quindi, oltre che psicologicamente potrebbe incidere anche chimicamente sulla salute dei neonati.
Secondo il famoso etologo Konrad Lorenz, il sorriso e la risata hanno molto a che fare con l'aggressività e sarebbe la soluzione suggerita dall'evoluzione per evitare di manifestarla apertamente.
Lorenz descrisse l'aggressività come un istinto animale innato anche tra i membri della stessa specie, per stabilire la gerarchia nel clan. Questa aggressività però deve essere limitata per salvaguardare la sopravvivenza del gruppo. Proprio per questo intervengono alcuni meccanismi specifici, tra cui, negli essere umani, il sorriso e la risata.
Secondo la teoria sviluppata da Lorenz la risata è un rito sociale di pacificazione, pur mantenendo la somiglianza con il digrigno dei denti negli animali che si preparano a difendersi, scoprendo i denti, come accade nel sorriso. Quindi il sorriso svolge la funzione di spegnere l'aggressività e di definire i ruoli, come tutti i gesti di pacificazione divenuti parte delle convenzioni sociali, come il saluto e la stretta di mano.Gesti che segnalano intenzioni pacifiche e rassicurano l'altro.
In questo senso la risata è una forma di comunicazione rassicurante, che aiuta a mantenere l'equilibrio sociale e a favorire la convivenza pacifica. Ridiamo per mostrare alle persone che capiamo, che concordiamo con loro, che facciamo parte dello stesso gruppo.
Ridiamo per dimostrare che ci piacciono.
La dott.ssa Karen Matthews, psicologa dell’Università di Pittsburgh (Pennsylvania, USA), ha verificato che gli effetti benefici di una risata rallentano la progressione dell’arteriosclerosi; tenendo sotto osservazione per tre anni 209 donne sane in situazione di post-menopausa, ha scoperto infatti che le più ottimiste avevano un ispessimento delle arterie carotidee minore che nelle donne pessimiste.
Inoltre l’aumento degli scambi polmonari che avvengono tramite la respirazione tende ad abbassare il tasso di grasso nel sangue con il conseguente beneficio sul colesterolo. Sembra lecito affermare, dunque, che il riso ha un ruolo di prevenzione dell’arteriosclerosi, dei problemi cardiaci (confermato da una ricerca condotta su persone reduci da infarto del miocardio: mezz’ora al giorno di umorismo riduce il rischio di ricadute) e della pressione alta.
Già nell’antichità si conosceva il potere benefico del ridere, non a caso i maestri di scuola tibetana ridono e fanno ridere i loro allievi. Per il buddismo Zen quindici minuti di risate equivalgono a sei ore di meditazione e, nella medicina tradizionale cinese, lo Xiao (il ridere ) è la corrispondenza del suono al meridiano principale del cuore il cui movimento psichico è la gioia.
Ridere sembra quindi essere un elisir cardiaco e, come ha osservato il dott. Michael Miller dell’Università del Maryland (USA), una risata ha l’effetto di rilassare le arterie e di aumentare il flusso sanguigno come durante un esercizio aerobico.
I bambini ridono già circa 2-3 mesi di vita. E lo fanno per esprimere la gioia, il benessere, il sollievo. È una funzione potentissima della nostra specie che mette in moto le strutture delle emozioni. Cioè una memoria che stimola a livello profondo un comportamento che viene a manifestare la gioia, o altre emozioni…
Nei primi mesi i neonati cominciano a ridere anche in risposta a stimoli tattili come ad esempio il tocco e le carezze, ma soprattutto il solletico, una stimolazione primitiva in grado di scatenare la risata. Questo riflesso però non è del tutto automatico e solo fisiologico, ma ha una componente emotiva e sociale: il bimbo sorride e ride se chi gli fa il solletico è conosciuto o amichevole.
Il sorriso e la risata hanno la funzione di attivare la relazione: l'intelligenza sociale.
Secondo il fisiologo svizzero Ruldolph Hupscher, ridere sviluppa nei bambini l'ormone della crescita.
Questo trend evolutivo, che cresce in tutti i paesi occidentali, ad un certo punto, intorno ai 6 anni, con l'ingresso nelle scuole primarie, in tutto il mondo comincia ad avere un'alterazione della maturazione.
Sicuramente ha a che fare con le fasi di maturazioni vere e proprie ma anche con il sistema educativo. Perché che cosa succede? Se i bambini nei primi anni di vita ridono 300 volte in media al giorno. A partire dall'ingresso stabile nei sistemi educativi, questa manifestazione del ridere diventa meno spontanea e più controllata. Quindi il ridere comincia ad essere normato e spesso inizia a cambiare le emozioni che manifesta. È più legato, soprattutto dopo gli 8 anni emozioni come il pendersi in giro. Deridersi.
Con l'adolescenza si avrà poi una caduta a picco, tanto che poi noi adulti ridiamo pochissime volte da 0 a 7 se ci va bene.
L'adulto poi ride soprattutto per deridere, comicità, per rabbia, stress…
L’Homo Ridens è racchiuso nei nostri cromosomi, ma rischia una lenta estinzione.
Se consideriamo il ridere da un punto di vista storico, scopriamo come nei secoli si sia andato smarrendo il “riso originario” quello prorompente, trascinante, un po’ folle, surreale, eversivo che risale alla notte dei tempi.
Molti studi di neuroscienze si sono concentrati sull’analisi di ciò che avviene nell’apparato cerebrale quando ridiamo. Le ricerche hanno sfruttato le tecniche di neuro-imaging che ci permettono di visualizzare le zone neuronali che si attivano durante la risata.
Quando ci mettiamo a ridere è come se una vera e propria scossa elettrica attraversasse l’encefalo e si trasmettesse poi a tutto il corpo.
Il ricercatore Peter Derks verificò, con l’elettroencefalogramma di persone sottoposte a stimoli umoristi, che, entro quattro decimi di secondo dall’esposizione a qualcosa di divertente, un’onda elettrica si muoveva attraverso la parte più grande e più recente del cervello: la corteccia cerebrale. In particolare, i ricercatori hanno osservato che si attivava il lato sinistro della corteccia (dove vengono analizzate le parole e la struttura di una battuta), il lobo frontale (coinvolto nelle risposte emotive e sociali), l’emisfero destro della corteccia, l’area di elaborazione sensoriale del lobo occipitale e infine le zone di attivazioni motorie (che stimolano le risposte fisiche a una battuta).
Quindi il cervello umano compie una serie di operazioni prima di farci ridere. Il primo passo è notare l’elemento di sorpresa, per poi cercare nell’imprevisto qualcosa che abbia senso comico. Il lobo frontale destro del cervello è il centro di elaborazione che valuta quando qualcosa è divertente. Questa regione integra le informazioni che provengono dalle parti cognitive e da quelle emotive del cervello.
Quindi la risata coinvolge anche il sistema limbico del cervello, costituito da amigdala, ippocampo, da talamo e ipotalamo; è una rete di strutture situate al di sotto della corteccia cerebrale che svolge un ruolo notevole nell’attivazione dei comportamenti emotivi.
Regola l’umore e i sentimenti come l’amicizia, l’amore e l’affetto. La parte mediana dell’ipotalamo, in particolare, è stata identificata come uno dei principali responsabili della produzione di risate molto partecipi, rumorose e incontrollabili.
Poi ci sono le zone del cervello coinvolte nell’espressione del riso, da cui parte l’impulso di ridere, che arriva ai nervi facciali, i quali stimolano a loro volta i muscoli. Più forte è l’impulso alla risata, più questo arriva fino a smuovere il diaframma e i muscoli dell’addome.
“La salute si basa sulla felicità”: su questo assunto il celeberrimo medico statunitense e padre della clownterapia Patch Adams ha fondato il suo metodo terapeutico, una combinazione vincente di umorismo e divertimento quali ingredienti essenziali per la guarigione fisica e mentale del paziente.
Per gli scienziati di tutto il mondo, ridere fa davvero vivere meglio e rappresenta la più semplice ed economica via per il benessere dell’individuo nella vita come nel lavoro.
Sono molteplici infatti i benefici sul corpo e sulla mente di una risata: migliora la circolazione del sangue, aiuta a prevenire le malattie cardiovascolari, tiene il cervello allenato, contrasta ansia e depressione e contribuisce alla salute del sistema immunitario. Ma soprattutto, migliora il rapporto con gli altri e con sé stessi, influenzando positivamente le relazioni a livello privato e, soprattutto, lavorativo.
Lo studio dell'importanza dell'umorismo e della risata sulla salute ha origini lontane, infatti già Ippocrate sosteneva: «Il buonumore equivale a un elisir di lunga vita»; comunque, la paternità della terapia del sorriso viene attribuita al giornalista scientifico Norman Cousin, il quale sperimentò su di sé gli effetti terapeutici della risata e il loro potenziale nel favorire il decorso della malattia.
Questo approccio riunisce tecniche e metodologie diverse: dalla più famosa clownterapia, passando per la visione di filmati e spettacoli, alla partecipazione attiva alla comicità, fino allo yoga della risata. Quest’ultimo è una pratica che non necessità dell’uso di un umorismo prodotto dall’esterno, ma comporta invece l’utilizzo di esercizi fisici che portano il corpo a ridere; come dice il guru della risata, dott. Madan Kataria: “porta il tuo corpo a ridere e la tua mente lo seguirà”.
Lo yoga della risata è un’attività che si svolge in molti contesti: negli ospedali, nelle scuole, nelle case di riposo, e sempre più frequentemente viene adottato dalle aziende.
Inoltre, una lunga serie di ricerche universitarie, da Oxford al Maryland, non fanno altro che confermare i tanti benefici di una prolungata risata. Per il cervello, il cuore, i polmoni, la mente. Il motivo scientifico è chiaro: la risata stimola il rilascio di endorfine, sostanze chimiche prodotte dal cervello che migliorano il nostro umore. Da qui il suo primo beneficio, anche come forma di antidepressivo.
Inoltre ridere aumenta la pressione sanguigna, e questo fa bene alle arterie, mettendoci al riparo da problemi cardiovascolari. Riduce ansia, stress e tensioni. Pratica un vero e proprio massaggio ai muscoli, mette in moto più di 50 muscoli. Stimola la creatività, la fantasia e la vitalità. Senza trascurare l’aspetto relazionale: ridere, specie in compagnia, è un fattore che alimenta le nostre capacità di rapportarci agli altri. Ci fa stare bene insieme.
Senza considerare il buon umore è un elemento fondamentale per aumentare l’efficienza sul lavoro.
Come tutte le cose, infatti, approcciarsi nel modo giusto ai nostri doveri ci aiuta a finire prima e con meno fatica. Se volete una prova tangibile di questi effetti, quando vi sentite stressati, provate a fare un respiro profondo e un bella risata e vedrete come l’intero organismo vi ringrazierà.
Dal punto di vista evolutivo, la risata sembra rappresentare “un’antica vestaglia vocale che ancora si mantiene e convive con il livello attuale del linguaggio verbale” (R. Provine). Essa costituisce un gesto biologico precedente all’adozione della parola, rappresentando quindi la manifestazione delle emozioni scaturite dalla parte più recondita e naturale della persona.
Esistono più teorie che hanno cercato di spiegare le motivazioni che ci spingono, nelle più disparate occasioni, a lasciarci andare alle risate.
Una delle più interessanti risale ad una concettualizzazione dell’austriaco Sigmund Freud, fondatore della psicanalisi, il quale attribuisce alla risata un ruolo fondamentale. Essa sarebbe infatti la portavoce mascherata dei desideri e delle volontà del nostro inconscio. Tale concezione, anche nota come teoria della liberazione, attribuisce alla risata il potere di far tollerare situazioni fonti di incertezza o di disagio, rilasciando in maniera sopportabile anche quei pensieri e sentimenti che viviamo come inaccettabili e che di conseguenza teniamo sovente repressi. La risata quindi si configurerebbe come uno dei più adattivi e maturi meccanismi di difesa.
Un’altra prospettiva, che più si rifà ad una dimensione cognitiva e razionale, è la cosiddetta teoria dell’incoerenza. Secondo questa teoria sarebbe la percezione umana dell’assurdo a provocare la risata. Se colto, infatti, quest’ultimo farebbe rilevare l’aspetto potenzialmente comico di una circostanza o di un episodio, e sarebbe proprio il suo irrompere sottile e inaspettato nella mente del soggetto a scatenare in quest’ultimo una reazione altrettanto spassionata.
Un’altra possibile teoria è quella socio-comunicativa. Questa pone l’enfasi sulla natura innata del riso. Pensate infatti ai bambini: già in tenera età, ad esempio a due mesi di vita, sono in grado di esprimersi in sorrisi e risate.
La valenza comunicativa è molto chiara: in tal modo, fin da subito l’essere umano è in grado di esprimere a chi lo circonda i suoi stati d’animo, e i processi di codifica e decodifica dei muscoli facciali sono talmente universali da essere presenti in tutte le culture.
L’ultima concettualizzazione è la cosiddetta “teoria del gioco”. Secondo tale cornice, il sorriso avrebbe la funzione di creare solidarietà tra le persone, favorendo tra di loro l’utilizzo della fantasia, dell’intrattenimento e dunque del contatto diretto.
La condivisione, sia delle proprie emozioni che dei rispettivi scopi, attraverso una sintonizzazione di tipo affettivo, ben rappresentata dalle risate in un contesto di coppia o di gruppo, favorisce anch’essa la socializzazione e l’autentica propensione a scoprirsi vicendevolmente.
I legami e le interazioni sociali ne verrebbero così rinforzati, con tutte le ricadute positive che essi sono in grado di apportare all’autostima e al benessere psico-fisico globale dell’individuo.
Questo sistema motivazionale, in grado di migliorare la qualità delle relazioni interpersonali, costituisce un vero e proprio risultato dell’evoluzione, tant’è che lo condividiamo anche con altre specie animali: non solo primati, come scimpanzé, oranghi e gorilla, ma anche ratti. Perfino questi ultimi, infatti, sono soliti emettere versi corrispondenti al nostro “sghignazzare”, per rinsaldare i rapporti con i propri simili e per esternare la propria soddisfazione nei momenti di sollazzo, solletico e comunione.